LA TRASFORMAZIONE

La trasformazione è per il 90% del prodotto attuata nell'ambito di impianti provinciali e per il restante 10% in impianti delle province limitrofe (Terni, Viterbo e Roma).
Non è però insignificante la quantità di olive di altre province (TR - VT e Roma) trasformata in. impianti reatini.
Attualmente sono operativi n. 49 frantoi e n. 55 potenzialmente attivi con una distribuzione territoriale in parallelo al volume della coltura e quindi del prodotto.

Dei frantoi operativi il 50% sono a gestione privata conto terzi ed il restante 50% a gestione di servizio cooperativo. Le tecniche di trasformazione in essere possono essere ricondotte a tre e precisamente:
a - tradizionale intermittente con estrazione a pressa;
b - continua ad estrazione centrifuga tradizionale;
c - continua ad estrazione centrifuga con decanter.

Economia di trasformazione, qualità del prodotto, resa in olio sono sempre nel tavolo della discussione sulla bontà o meno dei tre sistemi.

Un prodotto sano, maturo al punto giusto, trasformato a brevissima distanza dalla raccolta si comporta, con scarti non significanti, nella trasformazione con i tre metodi purché attuati nel rispetto delle regole. Certamente il sistema tradizionale intermittente si presenta come il più debole nella gestione della trasformazione (maggiori tempi di lavoro, maggiore contatto tra diverse partite).

La trasformazione a partite appartenenti a più aziende trasforma in intermittenti anche gli impianti continui.

Nella quantità totale abbiamo il 50% dei frantoi tradizionali intermittenti ed il 50% dei continui centrifughi, questi ultimi per l'87% a centrifuga tradizionale e il 13% a centrifuga decanter. Però è un rapporto dimensionale che ha permesso e potrà meglio permettere un accostamento dei tempi che passano tra la raccolta e la trasformazione, che ha permesso e potrà meglio permettere un razionale smaltimento dei reflui oleari, che era e che è temporaneamente necessario per una struttura produttiva così polverizzata in un territorio accidentato a viabilità debole, temporaneamente, perché è logico auspicare un'aggregazione del prodotto anche nel segmento della trasformazione.

E' quindi da considerare un rapporto ottimale per l'ambiente olivicolo che abbiamo.
Collegati alla trasformazione sono ì problemi reflui oleari e della sansa. La seconda prodotta con una media annua di q. 70.000 circa è ancora definibile sottoprodotto con utilizzazione prevalente nel sansificio di Passo Corese (Fara in Sabina) ed in minore misura in impianti extra-provinciali.

E' un segmento da tenere sotto controllo, è vicina la via che porterà lo stesso dalla definizione di sottoprodotto a prodotto di rifiuto e come tale per la sua specificità a prodotto di rifiuto speciale.
Con i reflui ci sono voluti venti anni e un grande dispendio di risorse per capire che la soluzione risiedeva nella banalità di un uso agricolo, pur con opportuni accorgimenti e correzioni che sono meglio riportate nella legge nazionale n. 574 dell'11.11.1996.

Non vorremmo che la stessa cosa si trasferisse allo smaltimento delle sanse, sanse che possono avere un ventaglio di utilizzazioni dall'uso energetico vista la loro combustibilità, all'uso alimentare per scopi zootecnici, all'uso di fertilizzante organico ecc. Per i reflui, oleari, come detto, il discorso è ormai risolto e ampiamente facilitato. Le intemperanze, non troppe, ma ancora attuali, di alcuni frantoi, sono più figlie di una pigrizia amministrativa che non di una difficoltà di attuazione.

La legge n. 574 dell'11.11.1996, che si allega in calce al presente lavoro, è una legge definibile tecnica che detta precise norme e vincoli allo smaltimento di tali rifiuti.