QUALITÀ BIO-NUTRIZIONALI DELL'OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA L'olio extravergine di oliva,
specie se di prima pressione, ha caratteristiche nutrizionali e biologiche
di grande interesse per l'organismo umano.
Rispetto a tutti gli altri tipi di grassi (animali o vegetali) esso ha assunto un ruolo primario in base alle sue caratteristiche generali (equilibrio degli acidi grassi che lo compongono) e alle sue peculiarità di natura biologica derivanti dalla sinergia dei suoi "macro e micro componenti". Un ottimo olio extravergine deve, anche in origine, essere immune da alterazioni "naturali" come l'inacidimento per effetto delle lipasi e irrancidimento per causa delle lipossidasi. Il numero di perossidi (che non deve superare i 20) è emblematico della situazione ossidativa instauratasi nella parte del frutto raggiunta dalle azioni enzimatiche responsabili del leggero degrado dell'olio. Esistono in commercio oli vergini che hanno un numero di perossidi molto elevato e ciò pesa negativamente sulle qualità organolettiche del prodotto. In Sabina, in stagione normale, il numero dei perossidi si aggira mediamente dal 7,5 al 9,5. Generalmente le olive di partenza sono a maturazione ottimale (prima della completa maturazione con ancora una parte del frutto verde) la risposta aromatica è più accentuata, l'olio è meno amaro e pungente e si presenta piuttosto rotondo e profumato. In questa fase, il frutto e quindi il suo olio hanno un numero di perossidi relativamente contenuto. Il numero di perossidi sale vertiginosamente se le olive sono sovramature, schiacciate e tenute in magazzini non adatti, e se la lavorazione si prolunga permettendo all'azione enzimatica di far aumentare il tasso di perossidazione. Sappiamo che le sostanze grasse per uso alimentare (quindi anche i grassi animali e grassi vegetali) sono rappresentate da "trigliceridi" o "esteri naturali" formati da una molecola di glicerolo (glicerina) combinata con tre molecole di acidi grassi. il glicerolo ha scarsa importanza biologica mentre è la particolare natura degli acidi grassi che influenzano e determinano le peculiarità nutritive e metaboliche. Gli acidi grassi si distinguono in due classi che influenzano e determinano le peculiarità nutritive e metaboliche. Gli acidi grassi si distinguono in due classi principali: quelli "saturi" (palmitico, butirrico, stearico, laurico, miristico, arachico, beenico, eicosenoico ecc.) e "insaturi" avari gradi di insaturazione (monoinsaturi, diinstaturi, triinsaturi e poliinsaturi) come il palmitoleico, l'oleico, il linoleico, il linolenico e l'arachidonico, La differenza consiste nel tipo di legame chimico tra gli atomi di carbonio che compongono la molecola degli acidi grassi. Esistono nell'olio di oliva alcuni acidi grassi "liberi" che fori-nano l'acidità oleica. La presenza elevata di questi acidi grassi liberi (superiori al 3-4%) rende un olio non commestibile poiché avrebbero un'azione irritante sulla mucosa gastroenterica oltre che una sgradevole sensazione in bocca. Se è vero che un'acidità elevata è indice di pessima qualità non possono esistere oh di oliva naturali, quindi non deacidificati, che abbiano un'acidità inferiore allo 0,2%, Si può affermare che una giusta acidità oleica aiuta a dare personalità ad un olio; essa può variare dallo 0,25 allo 0,8% senza che palato e gola ne risentano specie se l'olio si presenta con una buona struttura generale. Alcuni indicano valori più bassi come riferimento per un olio extravergine di elevata qualità ma insisto a dire che non è solo l'acidità oleica che deve essere nei limiti accettabili ma tutta la struttura dell'olio, dove il grado acidico gioca un ruolo importante anche se non determinante. Insomma un olio vuoto, magro, con scarsa risposta aromatica e profumi tenui anche se ha un'acidità inferiore allo 0,3 non è un olio di qualità. Ciò che conta, insisto a dirlo, è l'equilibrio ottimale tra i vari tipi di acidi grassi e una buona percentuale di frazione insaponificabile qualitativamente valida. Squalene, steroli, alcoli triterpenici, acidi grassi superiori, carotenoidi, composti volatili e tocoferoli sono la "carta d'identità" di un olio di pregio. Altri componenti biologicamente importanti sono gli antiossidanti contenuti nella frazione dei tocoferoli che impediscono l'annerimento, la polimerizzazione e l'irrancidimento dell'olio. L'uomo, abbiamo già detto, non può fare a meno nella sua dieta della percentuale lipidica (grassi sia vegetali che invisibili) ed è stabilito che un individuo normale, sano, di media corporatura, deve assumere un grammo di lipidi per ogni chilogrammo di peso. Ad esempio un individuo, che svolge un lavoro normale, che ha il peso di 70 kg. può ingerire complessivamente nella dieta 70 grammi di sostanze grasse comprese quelle che si trovano naturalmente negli alimenti sia di origine vegetale che animale. Sapendo che un grammo di grasso (strutto, burro, olio di oliva o di semi ecc.) fornisce intorno a 9,2 calorie possiamo concludere che circa 600 calorie sono apportate dalla frazione lipidica della dieta (25-35% della calorie totali). L'olio di oliva, oltre a quelle di carattere esclusivamente gastronomico, ha peculiari proprietà di base che lo fanno preferire agli altri grassi sia vegetali che animali:
Sappiamo che gli acidi grassi poliinsaturi entro una certa misura esercitano un'azione protettiva sulle pareti arteriose regolando anche il tasso di colesterolo. Se dunque i poliinsaturi, in special modo il linoleico (acido grasso diinsaturo a doppio legame C18H22O2) svolgono un'azione benefica e regolatrice del nostro organismo si potrebbe pensare che un olio vegetale ad alto contenuto di poliinsaturi (vedi tabella seguente) dovrebbe preferirsi ad un olio di oliva il quale contiene una percentuale media di poliinsaturi relativamente più contenuta, ma non è così. I lipidi (grassi) come d'altronde i glucidi (carboidrati e zuccheri) svolgono soprattutto una funzione energetica e potrebbero essere sostituibili tra di loro ma non è così poiché come già accennato una dieta povera e priva di lipidi non è appetita dall'uomo. inoltre un acido grasso poliinsaturo come il linoleico è indispensabile alla vita dei mammiferi in generale. Il nostro organismo è un laboratorio perfetto di sintesi e di azioni metaboliche, può cioè sintetizzare e demolire alcuni acidi grassi, può allungare saturare o desaturare la loro catena ma non è capace di desaturare in posizione 12-13 pur avendo necessità estrema di utilizzare un acido grasso con tale titolo di insaturazione. L'acido linoleico, che possiede "naturalmente" questo grado di insaturazione, è considerato essenziale e deve necessariamente essere assunto dall'organismo perché indispensabile alla vita Anche altri acidi grassi sono essenziali come ad esempio il linolenico e l'arachidonico. L'organismo umano però è capace di sintetizzare il primo dallo stesso acido finoleico mentre il linolenico non ha quell'importanza degli altri due acidi grassi poiché interviene solo parzialmente a modificare le manifestazioni della sindrome di Burr. Gli acidi grassi essenziali esercitano numerose funzioni sia dinamiche che strutturali. Non volendo approfondire in questa sede la complessa materia che riguarda le varie attività biologiche (fattore di crescita, azione di risparmio metabolico, processi mitocondriali di respirazione cellulare, azione preventiva sulla steatosi del fegato e la capacità di ridurre il tasso di colesterolo nel sangue) ci limitiamo al concetto che il contenuto di acidi grassi poliinsaturi e saturi nell'olio di oliva è considerato ottimale e ne spieghiamo il perché. In questi ultimi decenni, per il continuo incremento dei consumi di oli ricchi in acido linoleico è stata individuata una nuova patologia legata all'eccesso di acidi poliinsaturi nella dieta i quali vanno incontro a fenomeni di perossidazioni, provocando la lesione delle membrane lisomiali, mitocondriali e soprattutto reticolo-endoplasmatiche. Questa patologia si manifesta quando l'assunzione di oli ad alto contenuto di poliinsaturi si protrae nel tempo senza che contemporaneamente si assuma una adeguata quantità di sostanze antiossidanti. L'auto-ossidazione dei poliinsaturi avviene attraverso un meccanismo di reazione a catena durante il quale si ha la formazione di "radicali liberi" che innescano un processo di perossidaziorie. (Da "Sul contenuto ottimale di acido linoleico nella dieta" di Publio Viola) "La perossidazione dei lipidi polinsaturi è dannosa per gli organismi animali perché le reazioni dei radicali liberi determinano delle sofferenze cellulari che sono molto simili a quelle prodotte dalle radiazioni ionizzanti. Conoscendo la grande diffusione dei lipidi nell'organismo e considerando in particolare gli organuli subcellulari, possiamo immaginare quanto sia importante conservare l'integrità funzionale dei lipidi strutturali. Pertanto, se è vero che le ultrastrutture possono venir danneggiate da una carenza di EFA, è altrettanto vero che seri danni possono derivare dalla perossidazione, soprattutto per quanto riguarda le membrane biologiche delle quali sono i componenti fondamentali. La rottura infatti delle catene degli acidi grassi polinsaturi dei fosfolipidi di membrana crea dei nuovi gruppi idrofili nella parte più interna ed il ribaltamento all'esterno delle catene perossidate. Le proteine e gli enzimi, esposti al danno dei radicali liberi, subiscono reazioni di depolimerizzazione, di scissione delle catene polipeptidiche e modificazioni chimiche dei singoli amminoacidi. Si verifica così una alterazione della composizione delle proteine e degli enzimi, con una alterazione delle loro funzioni biologiche. Queste modificazioni, che si osservano soprattutto a carico del reticolo endoplasmatico, portano alla fine ad una lisi ed a una disgregazione delle membrane. In particolare, la lesione del reticolo endoplasmatico granuloso può portare ad una rarefazione dei ribosomi e quindi ad una alterazione delle sintesi proteiche. Per quanto riguarda le membrane lisosomiali invece, il danno perossidativo dei radicali liberi può portare ad una loro rottura ed alla conseguente immissione nel citoplasma degli enzimi idrolitici con autolisi della cellula. Nei mitocondri è poi possibile osservare un rigonfiamento passivo come conseguenza di processi osmotici, ovvero una loro ipertrofia con aumento soprattutto delle creste e quindi alterazioni del ciclo degli acidi tricarbossilici e della catena respiratoria. Alla lesione delle ultrastrutture corrisponde infatti un danno biochimico strettamente correlato alla fuga degli enzimi ed a un mutamento delle loro funzioni. Questo danno porta però non solo a delle sofferenze degli organi come il fegato, la parete vasale, ecc... ma determina anche una errata sintesi degli acidi nucleici con alterazione della funzione di stampo del DNA. Un maggiore apporto dietetico di acidi grassi poliinsaturi determina un maggiore fabbisogno di antiossidanti naturali e di vitamina E in particolare. Sin dalle ricerche di Mason e Filer sappiamo infatti che una carenza di vitamina E può causare una sofferenza del fegato molto simile a quella che qualche anno prima avevano descritto Himsworth e Glynn. Ricerche successive hanno potuto confermare questo rapporto dimostrando che la presenza dei doppi legami negli acidi grassi determina una instabilità della molecola che tende alla auto-ossidazione. Ed infatti, così come ampiamente dimostrato "in vitro", anche "in vivo" si possono verificare delle perossidazioni che, interessando gli acidi grassi poliinsaturi, interessano i fosfolipidi di membrana determinando alterazioni strutturali. Queste alterazioni possono turbare alcune funzioni fondamentali del fegato, ma non Sono escluse anche delle turbe in altri organi ed apparati ed attualmente come già precedentemente esposto, la teoria perossidativa viene invocata anche nella patogenesi della vecchiaia, in quanto favorirebbe l'accumulo degli errori e quindi la "fuga dal programma", genetico. Fortunatamente in natura gli oli ricchi in acidi grassi polinsaturi sono abitualmente ricchi anche in tocoferoli. Deve essere però rilevato che in questi oli i tocoferoli sono presenti per lo più nelle forme b e d, che posseggono attività anti-ossidante efficace "in vitro", ma quasi nulla "in vivo", poiché l'organismo umano assorbe e trattiene unicamente la forma a inoltre, la vitamina si deteriora con il tempo di magazzinaggio e con i processi industriali cui tali oli sono sottoposti. Si deve supporre pertanto che una alimentazione troppo ricca in oli vegetali ad elevato contenuto in acido linoleico non possa essere perfettamente tollerata e debba venir supplementata in a- tocoferolo. A questo punto è importante sottolineare che l'aumento degli acidi grassi polinsaturi nei fosfolipidi e nei trigliceridi ematici e tessutali indotto dalla dieta, determina un accresciuto fabbisogno di vitamina E per cui si è ritenuto necessario definire un rapporto tra detta vitamina ed i poliinsaturi (rapporto E/PUFA) che da alcuni ricercatori americani è stato indicato con il valore di 0,8 e che in ogni caso non deve scendere al di sotto di 0,6. Questo rapporto non sembra venir rispettato da una dieta che contenga come grassi visibili solo olio di girasole od olio di mais. inoltre, durante gli ultimi decenni, il cibo di molte popolazioni è stato oggetto di un aumento di lavorazioni industriali e perciò nelle nazioni tecnicamente sviluppate si è verificato un progressivo declino del contenuto in anti-ossidanti naturali nella maggior parte degli alimenti. Così, l'introduzione del pane bianco altamente raffinato e soprattutto l'introduzione di agenti ossidanti per sbiancare la farina, come la clorina ed il triclorido di azoto. il problema è stato affrontato tecnologicamente mediante FUSO estensivo di anti-ossidanti sintetici, quali il butilato di idrossianisolo ed il propilgallato. Queste sostanze sono efficaci nella prevenzione della ossidazione spontanea degli acidi grassi poliinsaturi "in vitro", ma non prevengono la distruzione dei tocoferoli associati, e, poiché non sostituiscono completamente i tocoferoli "in vivo", il loro LISO potrebbe anche accentuare lo squilibrio tra l'apporto dietetico degli acidi grassi polinsaturi e gli anti-ossidanti biologicamente efficaci. Inoltre, se la perossidazione lipidica può essere prevenuta dalla somministrazione "in vivo" di sostanze anti-ossidanti, tali sostanze debbono essere di natura liposolubile, in quanto, avvenendo le perossidazioni a livello delle membrane biologiche è chiaro che in questa sede non possono arrivare gli antiossidanti idrosolubili, come il propil-gallato o il glutatione ridotto. Questi infatti non sono capaci di bloccare l'innesco perossidativo, ma soltanto gli eventi successivi che si svolgono in una fase idrosolubile. Gli antiossidanti liposolubili invece, trovandosi nella sede iniziale dell'evento perossidativo, sono in grado di inibire il processo fin dalle fasi iniziali. Infine, deve essere rilevato che, se gli anti-ossidanti sono in grado di svolgere una efficace opera di protezione verso il danno perossidativo lipidico esistono altre sostanze che possono, al contrario, svolgere una deleteria azione pro-ossidante. Tra queste ricordiamo il tetracloruro di carbonio, il fosforo giallo, l'alcool, alcuni metalli, ecc. ed appare chiaro perciò che il danno perossidativo non è legato soltanto alla insufficienza della protezione anti-ossidante, quanto anche alla presenza o meno di sostanze ad azione pro-ossidante. Olio di oliva e quota ottimale di acido linoleico Che i grassi siano indispensabili per la nostra alimentazione è un dato incontrovertibile. il problema che si presenta al biochimico, al fisiologo, al nutrizionista ed al patologo è quindi quello della scelta del grasso più idoneo per il suo contenuto ottimale in acidi grassi essenziali ed in anti-ossidanti. Da quanto esposto abbiamo visto infatti che una carenza di EFA può portare ad una serie di danni biochimici, con alterazioni delle ultrastrutture, ritardo della crescita ed innalzamento dei valori di colesterolemia, ma abbiamo visto anche come un loro eccesso può risultare altrettanto dannoso per la possibilità di perossidazioni biologiche e per l'incremento dell'acido arachidonico. La quantità di acido linoleico necessaria e sufficiente a mantenere l'omeostasi dell'organismo appare perciò aggirarsi intorno al 10% della quota lipidica. Necessaria appare anche una certa quantità di acido linolenico dello 0,5 - 1,5% ed una adeguata quantità di a-tocoferolo. Dovendo essere limitati gli acidi grassi saturi per i noti rapporti con le cardiopatie ischemiche, si dovrà perciò fare posto ad un acido grasso monoinsaturo, indifferente ai fini dei livelli di colesterolo, ma facilmente metabolizzabile, quale è l'acido oleico. A questa descrizione corrisponde in natura solamente l'olio di oliva, un olio che, se non esistesse bisognerebbe inventarlo. L'olio di oliva viene estratto direttamente dai frutti prodotti dall'albero "olea europea". In condizioni di raccolto sano e normale l'olio proveniente da questi frutti, date le sue caratteristiche organolettiche, può essere consumato direttamente, dopo essere stato spremuto dalla polpa e separato dalla propria acqua di vegetazione mediante una serie di semplicissime operazioni di carattere meccanico-fisico e comunque in condizioni termiche tali da garantire che nessuna alterazione o modificazione possa derivare al prodotto. L'olio di oliva viene quindi immesso direttamente al consumo, così da conservare quella particolare fragranza che gli ha concesso un posto prioritario tra le sostanze grasse. Questo "flavour", caratteristico solo dell'olio di oliva, migliora l'appetibilità delle vivande promuovendo, attraverso riflessi condizionati, stimoli secretori al tubo digerente così da indurre, in ultima analisi, una migliore digeribilità. La determinazione degli acidi grassi mediante gas-cromatografia mostra che gli acidi grassi principali sono l'oleico, il linoleico ed il palmitico; in minore misura il palmitoleico, il linolenico e lo stearico. I valori estremi, accettati dal Consiglio Oleicolo Internazionale, sono i seguenti: Palmitico 7,5 - 20 Palmitoleico 0,3 - 3,5 Stearico 0,5 - 3,5 Oleico 56 - 83 Linoleico 3,5 - 20 Linolenico 0,5 - 1,5 Tali valori tengono conto delle caratteristiche di tutti i paesi produttori, ma per una stessa regione i valori tendono a mantenersi più costanti. L'insaponificabile dell'olio di oliva è caratterizzato dal contenuto in squalene superiore a quello degli altri oli vegetali e dal fatto che i suoi steroli sono costituiti da ß-sitosterolo praticamente puro, sostanza dotata della capacità di inibire l'assorbimento intestinale del colesterolo. Infine l'olio di oliva contiene tocoferolo esclusivamente nella forma a ed altre sostanze, come i polifenoli, dotate anch'esse di marcata attività anti-ossidante. In conclusione, la necessità di dover somministrare un acido grasso essenziale come l'acido linoleico, non deve portare al rischio che, per curare una malattia, si finisca con il provocarne un'altra. La natura non ama gli eccessi e ci ha indicato gli equilibri nella composizione del latte materno, e, se qualcuno potrà obiettare che nell'uomo adulto possono sussistere equilibri diversi, finora questo è l'unico dato certo che noi disponiamo, mentre per tutti gli altri siamo nel campo delle ipotesi". Si può concludere affermando che in "medio stat virtus" e cioè che la qualità e quantità di acidi grassi insaturi e poliinsaturi nell'olio di oliva lo rendono il più affidabile alimento lipidico che la natura abbia creato specie se l'uomo in sintonia con la naturalità del prodotto si presta a mantenere queste caratteristiche e magari a migliorarle. |