L'INCORONAZIONE
Il 29 maggio 1289, il giorno della Pentecoste,
Papa Niccolò IV incoronò solennemente nella Cattedrale
Carlo Il d'Angìò, re d Sicilia e di Gerusalemme.
Il Papa giunto come di consueto in chiesa nel pieno della mattinata
indossò le vesti pontificali e si avviò all'altare davanti
al quale pregò brevemente, per poi salire sulla cattedra (ad
sedem suam).
Nel frattempo il re giunse alla chiesa scortato
da uno dei magnati del seguito che portava la sua spada inguainata.
Carlo II indossò nella stessa chiesa gli abiti regali senza la
corona, lo scettro e il pomo e senza cingere la spada.
Compiuta la vestizione, il re si avviò presso il coro con al
seguito i suoi dignitari e molti prelati regnicoli.
All'ingresso fu accolto dai cardinali-vescovi di Ostia, Porto, Tuscolo
e Albano.
Il re procedette fino all'altare e lì sì prostrò
al suolo.
Un suddiacono recitò una breve litania,
al termine della quale il primo presbitero recitò il pater noster
e due orazioni.
Dopo di ciò il re si trasferì all'altare che è
alla destra di quello maggiore e lì il vescovo di Ostia disse
l'orazione Domine Deus omnipotents, al termine della quale unse l'angioino
con l'olio per gli esorcismi sulle mani, sulle articolazioni delle braccia,
sul petto ed in mezzo alle scapole, secondo il rituale di unzione dei
re di Francia.
Deposti gli abiti con i quali aveva ricevuto l'unzione, indossò
una veste preziosa, simile a una dalmatica e sopra di essa un ornamento
prezioso.
Il re si avvicinò all'altare dove il pontefice gli impose la
corona reale dicendo "Accipe signum glorie".
Poi gli consegnò il pomo d'oro nella mano destra e lo scettro
nella sinistra.
Ciò fatto recitò l'orazione Prospice, quesumus con le
altre preghiere.
Successivamente il pontefice prese la spada dall'altare e gliela consegnò
dicendo <<Accipe gladium>> e gliela allacciò alla
vita recitando Accingere gladio tuo. Il re dal suo canto la estrasse
dalla guaina vibrandola tre volte per poi rifonderla subito dopo. Conclusa
questa fase, il re baciò i piedi di Niccolò IV.
Il Papa completò la messa e al termine di essa montò a
cavallo davanti alla porta maggiore della chiesa e il re tenne lo scapedum
della sua sella e, afferrato il morso dei cavallo, lo guidò -
adextravit - fino alle scale del palazzo contiguo alla chiesa. Fatto
questo, Carlo II salì sul suo cavallo e tornò al suo alloggio
con la corona in testa.
(Atti del Convegno a S. Domenico. 05/05/95)