L'OLIO IN CUCINA E A TAVOLA

Innanzitutto prima di parlare dell'utilizzo dell'olio di oliva in cucina e a tavola, bisogna chiarire il concetto di "oli e grassi" utilizzati nell'alimentazione umana.

Tutti i grassi e gli oli, lo abbiamo già accennato in altra parte del volume, sono identici tra loro come apporto calorico ma ciò che li differenzia è la risposta gastronomica, organolettica e nutrizionale.

Sfatiamo il detto che "i grassi fanno male" poiché in linea generale il "troppo" fa male anche se riferito ad alimenti più facili e diffusi.

Innanzitutto l'organismo umano ha bisogno della sua quotidiana quota di lipidi o grassi. Si tratta di capire quanti e quali sono i grassi più accettati dall'organismo ed anche dalle esigenze delle elaborazioni gastronomiche.

Diciamo subito che non tutti i grassi ed oh di natura vegetale o animale reagiscono alla stessa maniera se sottoposti a temperatura; esistono differenze, spesso sostanziali, dovute alla particolare struttura chimico-fisica degli oli e dei grassi.

Nel caso delle fritture avvengono delle vere e proprie alterazioni dovute all'eccessivo riscaldamento degli oli e dei grassi specie se si supera la cosiddetta soglia o punto di fumo. I gliceridi in tal caso si scindono mettendo in "libertà" la glicerina che da origine ad una rapida formazione di composti irritanti secondo un preciso schema di reazione.

L'elevata temperatura indispensabile per ottenere una "buona frittura" (croccante e globale) determina quindi una profonda modificazione dei grassi od oli utilizzati, con la formazione di polimeri e una azione di pirolisi (decomposizione parziale dei gliceridi, degli esteri, e dei vari acidi grassi con una riduzione del peso molecolare), con un processo di perossidazione e la formazione generalizzata di "acroleina", sostanza tossica con potere irritante sia per il fegato che per l'apparato digerente. Naturalmente la quantità di perossidi e di composti polimerici, che hanno origine se si sottopongono i grassi ad alte temperature, varia secondo la natura chimica dei grassi od oli utilizzati.

È accertato che si ossidano e polimerizzano più facilmente gli acidi grassi insaturi e in special modo quelli poliinsaturi rispetto agli acidi grassi saturi.

Così è appurato che i grassi saturi (grasso animale, strutto, sugna etc.) resistono di più al fenomeno mentre gli oli che contengono un elevata quota di acidi grassi insaturi e soprattutto poliinsaturi sono più fragili e quindi più facilmente soggetti al fenomeno alterativo.

L'olio di oliva con la sua forte struttura oleica e una quota di poliinsaturi ritenuta ottimale e con il suo contenuto di elementi antiossidanti (composti fenolici) resiste meglio di qualunque altro olio al fenomeno dannoso dell'alterazione.

Mai come nel caso dell'utilizzo degli oh e grassi in cucina vale il detto "in medio stat virtus" e cioè tra la "solidità" dei grassi animali, solidi appunto, perché formati da acidi grassi saturi in percentuale elevatissima, e la "fluidità" degli oli vegetali (di vinaccioli, mais, girasole ecc.) che contengono soprattutto elevate percentuali di poliinsaturi come il linoleico; si ritiene che l'olio d'oliva, specie extra-vergine, dotato di principi antiossidanti naturali è il più idoneo a resistere alle alte temperature.

Se i grassi con alto contenuto di gliceridi solidi resistono meglio alle modificazioni strutturali tuttavia hanno la controindicazione di essere troppo "saturi" e quindi non idonei ad una equilibrata alimentazione.

La cucina Sabina prevede una serie di preparazioni culinarie a base di frittura ma l'olio di oliva extravergine utilizzato garantisce non solo fritture ottime dal punto di vista organolettico e gastronomico ma anche salutistico poiché l'olio di questa terra ha in se le caratteristiche ideali per resistere più di altri oli alla sollecitazione termica caratteristica di ogni frittura.

Si raccomanda di immergere nell'olio bollente, prima che questo raggiunga la temperatura di fumo, il prodotto da friggere (zucchine, frittelle, pezzi di pollo, carne, patate o altri vegetali) privato quanto più possibile dell'acqua servita per lavarlo (sottoponendolo ad una perfetta asciugatura) poiché essa facilita il processo di degrado dell'olio combinandosi con le molecole dei gliceridi: ecco perché il burro e la margarina non sono indicati per la frittura a causa della elevata presenza di acqua in questi tipi di grassi.

Leggo in un piccolo volumetto dal titolo "Olio d'oliva" edito nel 1987: "Con il termine generico d'olio d'oliva s'intende il prodotto alimento e non condimento, come erroneamente si crede, ottenuto dai frutti dell'ulivo".

Ora mi sembra quanto meno inesatto e disinformante questo giudizio in quanto l'olio di oliva "è contemporaneamente alimento e condimento" poiché svolge non una semplice azione alimentare o nutrizionale ma gastronomica e migliorativa del gusto, del profumo e quindi della appetibilità di molti cibi.

È condimento "una sostanza aggiunta alle vivande per rendere più gradevole il sapore e più facile la digestione".

È alimento poiché, fatta eccezione se assunto esclusivamente come "calagògo" (stimolante della contrazione della cistifellea) o lassativo, esso è parte integrante nella elaborazione di cibi ed è razione calorica, lipidica ed energetica.

È anche un alimento dal valore biologico non trascurabile, ma è anche e spesso solo condimento poiché nobilita, esalta, arricchisce una preparazione culinaria insaporendola, rendendola più facilmente appetibile dal palato e più digeribile per l'apparato intestinale.

Ora non possiamo dire che l'olio di oliva è solo "alimento" ma è un variegato scrigno che ha molte funzioni: da quella alimentare-nutrizionale a quella biologica, da quella edonistica a quella di "condimento" principe per un'infinità di piatti.

Non vogliamo, di proposito, elencare le migliaia di occasioni che sia in cucina che a tavola, vedono l'olio extravergine di oliva come protagonista.

Non vuole essere il nostro trattato una guida per aiutarvi a preparare manicaretti aventi come base l'olio di oliva che è il tema della nostra piccola opera ma ci limitiamo a proporvi alcuni suggerimenti che riguardano il corretto uso dell'olio di oliva.

Abbiamo esplorato a lungo, il suo utilizzo nelle fritture e diciamo subito che l'olio di oliva extravergine pur presentandosi come il più idoneo a resistere alle modificazioni indotte dalle alte temperature vi consiglio di non esagerare con la frittura poiché anche se gustosa nasconde piccole insidie, specie per alcuni organismi più delicati.

Se non si esagera però anche una buona frittura, può fare la sua comparsa di tanto in tanto sulla nostra tavola,

Per quanto concerne l'utilizzo a crudo, l'olio di oliva, specie se extravergine di ottima qualità, come quello Sabino, tutelato dal Comitato dei "Magistri Olii Sabinorum", esso è il grande protagonista che non solo esalta le vivande ma ci regala anche una razione di salute e di piacevolezze gastronomiche.

Nella preparazione di sughi per paste asciutte o risotti, per minestre o altre pietanze si utilizzi una piccola quantità di olio all'inizio, per governare la cottura di cibi per poi aggiungerne la quantità desiderata o necessaria al particolare piatto una volta spenta la fiamma.

L'olio di oliva apporta così alla pietanza tutte quelle preziosità proprie delle caratteristiche organolettiche che ne formano l'anima con i suoi profumi, sapori e preziosità dei microelementi di cui l'olio extravergine di oliva della Sabina è ricco per natura.

La cottura pur se moderata modifica, anche se leggermente, queste preziosità privandovi di alcune emozioni che non sfuggono al palato sensibile di un cultore dell'olio di oliva di grande qualità.

C'è un segreto però che voglio rendere disponibile per tutti i lettori, anche se per alcuni segreto non lo è più: cercate di non lasciare mai da solo l'olio nel tegame, nella padella o in qualunque recipiente dove preparate la razione gastronomica.

Cercate sempre, se dovete fare un preparato a base di aglio o cipolla di non farli "sfriggere" questi due ingredienti ma accontentatevi di vederli "appassire" con il calore moderato dell'olio.

Evitate così di danneggiare l'olio e di apportare un gusto non sempre accettato dal palato ed anche dal nostro organismo.

L'aglio o la cipolla bruciando o meglio "sfriggendo", lasciano nell'olio alcune sostanze lievemente tossiche o comunque non sempre gradevoli.

Abituatevi a preparare sughi e minestre con una "lavorazione a crudo" mettendo cioè quasi tutti gli elementi subito, insieme ad una piccola quantità di olio che arricchirete con olio nuovo dopo aver spento la fiamma.

Nelle fritture non utilizzate mai l'olio per più di una volta poiché dopo che l'olio è stato sottoposto a temperatura elevata, la sua struttura si è modificata e la sua resistenza alle perossidazioni e polimerizzazioni è diminuita, inoltre l'olio prende un gusto poco piacevole che vi ritroverete come fatto negativo nella frittura seguente.

Abbiate il coraggio di utilizzare una sola volta l'olio e apprezzerete di più la frittura stessa oltre ad evitare spiacevoli conseguenze alla vostra salute.